Resto qui

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Supercoralli
Marco Balzano
Romanzo
Einaudi
20 Febbraio 2018
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Quando arriva la guerra o l'inondazione, la gente scappa. La gente, non Trina. Caparbia come il paese di confine in cui è cresciuta, sa opporsi ai fascisti che le impediscono di fare la maestra. Non ha paura di fuggire sulle montagne col marito disertore. E quando le acque della diga stanno per sommergere i campi e le case, si difende con ciò che nessuno le potrà mai togliere: le parole.

«Se per te questo posto ha un significato, se le strade e le montagne ti appartengono, non devi aver paura di restare».

L'acqua ha sommerso ogni cosa: solo la punta del campanile emerge dal lago. Sul fondale si trovano i resti del paese di Curon. Siamo in Sudtirolo, terra di confini e di lacerazioni: un posto in cui nemmeno la lingua materna è qualcosa che ti appartiene fino in fondo. Quando Mussolini mette al bando il tedesco e perfino i nomi sulle lapidi vengono cambiati, allora, per non perdere la propria identità, non resta che provare a raccontare. Trina è una giovane madre che alla ferita della collettività somma la propria: invoca di continuo il nome della figlia, scomparsa senza lasciare traccia. Da allora non ha mai smesso di aspettarla, di scriverle, nella speranza che le parole gliela possano restituire. Finché la guerra viene a bussare alla porta di casa, e Trina segue il marito disertore sulle montagne, dove entrambi imparano a convivere con la morte. Poi il lungo dopoguerra, che non porta nessuna pace. E cosí, mentre il lettore segue la storia di questa famiglia e vorrebbe tendere la mano a Trina, all'improvviso si ritrova precipitato a osservare, un giorno dopo l'altro, la costruzione della diga che inonderà le case e le strade, i dolori e le illusioni, la ribellione e la solitudine. Una storia civile e attualissima, che cattura fin dalla prima pagina. Il nuovo grande romanzo del vincitore del Premio Campiello 2015, già venduto in diversi Paesi prima della pubblicazione.

Resto qui di Marco Balzano è stata una piacevolissima sorpresa.

Ho letto questo libro un po’ per caso, dopo averlo ritrovato in classifica o tra i finalisti di premi importanti, a cominciare dal Premio Strega.

Un romanzo completo e complesso, che attraversa la Seconda Guerra Mondiale da una prospettiva ancora una volta diversa, così come già capitato con “Le assaggiatrici” di Rosella Postorino. Protagonista ancora una donna, che si trova a dover affrontare vicissitudini difficili non legate solo alle conseguenze del conflitto.

Siamo nell’Alto Adige, in quel Tirolo dove ancora si parla tedesco e ci si sente austriaci, in un territorio che oltre la guerra, che tormentò tutta la penisola e l’Europa intera, fu vittima dell’avvento del fascismo con l’imposizione di un’italianità sconosciuta e disconosciuta dagli abitanti che tentano di combatterla con ogni mezzo.

Li riconoscevi subito quei forestieri del Sud, con le valige in mano e il naso all’insù, a guardare pendii mai visti, nuvole troppo vicine. Dal primo momento è stato noi contro loro. La lingua di uno contro quella dell’altro. La prepotenza del potere improvviso e chi rivendica radici di secoli.

L’autore affronta tematiche dure senza risultare superficiale su nessuna: la protagonista affronta una perdita straziante,che la segnerà per il resto della vita, vive gli anni della guerra vedendola da due posizioni opposte, ma entrambe dure e strazianti, combatte assieme ai suoi concittadini per evitare che il piccolo paese in cui vivono sia raso al suolo per costruire una diga in grado di creare un lago artificiale su cui costruire una centrale elettrica.

Ci avessero domandato quel giorno qual era il nostro desiderio piú grande, avremmo risposto che era continuare a vivere a Curon, in quel paese senza possibilità da dove i giovani erano scappati e tanti soldati non erano piú tornati. Senza voler sapere niente del futuro e senza nessun’altra certezza. Solo restare.

Un libro duro con un’altra eroina femminile in grado di affrontare colpi durissimi, che combatte con tutte le sue forze per la propria vita e per amore, mentre già porta dentro traumi e sofferenze che non la abbandoneranno mai fino alla fine dei suoi giorni.

Guardo le canoe che fendono l’acqua, le barche che sfiorano il campanile, i bagnanti che si stendono a prendere il sole. Li osservo e mi sforzo di comprendere. Nessuno può capire cosa c’è sotto le cose. Non c’è tempo per fermarsi a dolersi di quello che è stato quando non c’eravamo. Andare avanti, come diceva Ma’, è l’unica direzione concessa. Altrimenti Dio ci avrebbe messo gli occhi di lato. Come i pesci.

Un liguaggio semplice e toccante, piacevolissimo alla lettura ed in grado di permettere al lettore di entrare perfettamente in empatia con i personaggi e soprattutto con la protagonista, di vivere il suo sconforto, la sua ricerca di coraggio, il freddo delle montagne e quel raggio di sole che illumina i pascoli durante la bella stagione.

Una lettura davvero bella e consigliatissima, nonostante i temi duri che affronta.

Una frase…

 Le parole non potevano niente contro i muri che aveva alzato il silenzio

  • Trama
  • Personaggi
  • Ambientazione
  • Linguaggio
  • Copertina
  • Complesso
4.3

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