Ricordati di Bach

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Ricordati di Bach
Ricordati di Bach Book Cover Ricordati di Bach
Alice Cappagli
Romanzo
Giulio Einaudi Editore
30 Giugno 2020
cartaceo
256

«Questa storia è la mia storia, Cecilia sono io».

Esistono passioni cosí potenti da cambiarti la vita. Da rovesciarti la testa, i pensieri, lo sguardo. Per Cecilia la musica è esattamente questo: un modo di vivere, il solo che conosce. «Fai finta di dover parlare di tutto quello che è finito in un abisso, – le dice il suo maestro. – Della gioia e del pianto, della vita e della morte. Fai finta di dovermi raccontare qualcosa che non ha mai avuto parole per essere descritto. Rimane Bach. Tolto tutto rimane solo lui: la lisca del tempo». Ma il tempo che cos’è? Cecilia ha otto anni quando un incidente d’auto le lede per sempre il nervo della mano sinistra e si mette in testa d’imparare a suonare il violoncello. E ne ha diciannove quando tenta i primi concorsi. In mezzo, dieci anni di duro lavoro con Smotlak, un maestro diverso da tutti gli altri, carismatico, burbero, spregiudicato. Per arrivare a scoprire qual è il senso di ogni sfida e della sua stessa vita.

Cecilia è ancora una bambina, quando a dispetto di tutto e di tutti – in particolare dei suoi genitori -, entra all’Istituto Mascagni di Livorno, un conservatorio, e di quelli seri. Scoprirà a poco a poco cosa significa segarsi i polpastrelli con le corde, imparare solfeggio e armonia, progredire o regredire, scoraggiarsi o meravigliarsi. Educare la sua mano, sfidarla. E trovare una forza inaspettata, un’energia che sembra sprigionare direttamente dalla fatica. Il suo insegnante, Smotlak, spirito spericolato e grande scommettitore, capace di perdere a un tavolo da gioco un Goffriller del 1703, punta su di lei come si può puntare su un cavallo, e mira a farla diventare come gli altri, «quelli senza cuciture». Intorno a loro, una schiera di personaggi che impareremo a conoscere pagina dopo pagina: Odila, compagna di corso e unica amica, la terribile prof. Maltinti, il «sovietico» Maestro Cini… Ma «le vere lezioni non sono quasi mai a lezione», e Cecilia non tarderà a capirlo, scoprendo che una scommessa ben piazzata può portarti lontano e che un vero maestro insegna veramente tutto: perfino a vivere.

Ricordati di Bach, secondo romanzo di Alice Cappagli, ammetto che mi abbia lasciato un po’ di delusione. Dopo Niente caffè per Spinoza, da cui mi ero lasciata conquistare e che mi aveva piacevolmente stupita, avevo comprato e atteso di leggere questo secondo romanzo carica di curiosità e aspettative.

Ricordati di Bach è la storia un po’ romanzata dell’infanzia e dell’adolescenza della protagonista, che, in seguito ad un incidente che le rovina i legamenti della mano sinistra, decide, anzi si ostina, a voler suonare il violoncello. I genitori sono contrari. Tutti coloro che la incontrano sono molto scettici. Eppure la sua determinazione ed ostinazione, insieme alla bravura del suo insegnante, riescono a farle percorrere una strada difficile, superare gli ostacoli e migliorare fino a farla diventare violoncellista di professione.

Era che mantenere un ritmo vuol dire tante cose, a cominciare proprio dall’essere affidabile. Vuol dire essere capaci di stare concentrati, controllare i moti interni e neutralizzare quelli esterni. Non è così scontato tenere il ritmo.

Forse il fatto che la trama non sia del tutto inventata, non ha reso l’autrice libera di costruirla con quegli elementi che avevano reso il suo primo romanzo brillante. Lì ero entrata subito in sintonia con la protagonista, mi ero fatta coinvolgere dalla sua sfortuna, dai suoi ragionamenti, dalla sua voglia di uscire dalla realtà in cui era finita e realizzare qualcosa.

Qui invece la storia non decolla, rimane abbastanza piatta per tutto il tempo, senza brio e alla fine anche abbastanza prevedibile. La protagonista ispira simpatia, ma anche compassione, circondata da tutte persone che invece di incoraggiarla tentano di frenarla. Gli altri personaggi finiscono per fare da contorno, ma nessuno riesce a incuriosire il lettore ed a coinvolgerlo, forse proprio per il comportamento osteggiante verso la beniamina.
La narrazione inoltre è piena di termini tecnici che, per chi non è pratico di musica e violoncello, risultano di difficile comprensione.

Lo rimisi in piedi con cautela, posai da una parte il pezzetto caduto a forma di ponte che avevo identificato come naso, e me lo portai verso la sedia. Studiai bene la foto in cui si vedeva in che posizione andava tenuto e mi dissi che da quel momento sarebbe stato quello il posto in cui incastrare cuore, cervello, polmoni. Lí fra le mie braccia era a suo agio, la mano sinistra perfetta per quel collo di legno liscio e rotondeggiante.

Insomma, la lettura risulta piacevole, ma non briosa e a tratti si fa un po’ fatica a portarla avanti. Al contrario di Niente caffè per SpinozaRicordati di Bach non lo consiglierei, se non ad amanti della musica e musicisti veri e propri.

Una frase…

A volte, come dicono gli stoici, è meglio assecondare il destino che non mettercisi di traverso.

  • Trama
  • Personaggi
  • Ambientazione
  • Linguaggio
  • Copertina
  • Complesso
2.8

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